Sono al centro di un confronto tra sindacato e istituzioni le lavoratrici e i lavoratori dei musei civici di Trieste. Come è già accaduto in altri territori, la questione sul tavolo è l’applicazione di un contratto che non corrisponde alle mansioni svolte – nel caso di Trieste si tratta di quello dei servizi fiduciari – e che porta con sé una retribuzione molto più bassa di quella prevista dal più pertinente contratto Federculture: una paga oraria di 5,49 euro lordi, che moltiplicata per le poche ore dell’impegno part-time degli addetti museali mette insieme un magro salario.
Il servizio di sorveglianza delle sale espositive, comunque diverso da quello che impegna le guardie dei servizi fiduciari, è solo una parte dei compiti dei quali gli addetti museali si fanno carico. Sta a loro infatti fornire informazioni sul museo e sulle mostre che ospita, districarsi con le lingue per rispondere ai visitatori stranieri, gestire casse e bookshop.
“Per una città come Trieste, dove la domanda di servizi culturali e turistici è in crescita, ci sembrava corretto ragionare in primo luogo sul presente, ovvero affrontare l’emergenza salariale di questi lavoratori” spiega Michela Glavich, funzionaria Filcams Cgil Trieste.
“La settimana scorsa abbiamo incontrato l’assessore alla cultura del Comune di Trieste, Giorgio Rossi, e gli abbiamo proposto due percorsi: uno per il breve periodo che preveda un iter di qualificazione per le lavoratrici e i lavoratori, coinvolgendo anche le facoltà umanistiche dell’università, che possa accompagnare il necessario incremento salariale; e un altro, quello che più ci preme, a medio e lungo termine, una prima bozza di accordo per arrivare ad adottare un contratto corretto”. Che per la Filcams triestina è quello di Federculture, che si attaglia perfettamente al servizio offerto in ambito museale.
Ma se formazione e adeguamento salariale hanno incontrato il favore dell’assessorato, disponibile a intercedere con l’azienda, è sul secondo punto che il confronto si è raffreddato, quello che richiede un impegno politico preciso, un progetto per l’industria turistica e che, al tempo stesso, metterebbe in discussione il rinnovo con l’azienda che detiene adesso l’appalto, creando imbarazzo al Comune. Ma “vogliamo alzare l’asticella? – si chiede Glavich – abbiamo l’ambizione, anche in vista delle prossime importanti aperture a Trieste, dal Museo del Mare all’Acquario, di offrire un servizio più qualificato?”.
La vicenda incrocia la questione del Protocollo appalti non ancora rinnovato con il Comune, e pone questioni che vanno oltre la clausola sociale e la stabilità occupazionale, per offrire ai lavoratori ulteriori garanzie, a partire dall’aderenza del contratto all’oggetto dell’appalto.
Le lavoratrici e i lavoratori interessati sono una sessantina, tra fissi e a chiamata.
“Vedremo cosa l’assessore riuscirà a concludere con l’azienda – aggiunge Glavich, ricordando che Euro&Promos aveva già respinto le indicazioni dell’Ispettorato del Lavoro in merito all’applicazione del contratto del Commercio per gli addetti a cassa e bookshop.
“Presto incontreremo l’azienda anche noi, per sapere cosa intendono fare. Perché anche loro dovranno mettersi in gioco in questa vicenda”.