Ancora tredici settimane di cassa integrazione straordinaria per gli oltre 8000 addetti che non hanno accesso all’ammortizzatore ordinario
Niente stipendio e niente cassa integrazione: è il vicolo cieco nel quale vengono a trovarsi oltre 8000 addetti delle mense aziendali, per la maggior parte donne, che con l’esaurirsi delle settimane di cassa integrazione Covid non possono attivare l’ammortizzatore ordinario, come gli altri lavoratori, perché condizionato all’utilizzo dell’ammortizzatore da parte delle aziende committenti, che non lo stanno attivando perché i loro dipendenti sono in smart working e così continueranno ad operare almeno fino alla fine dell’anno, fino a quando resterà in vigore lo stato di emergenza.
Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno sollecitato più volte il governo a intervenire in vista della fine della Cig in deroga Covid e il 13 ottobre scorso, nel corso del question time alla Camera, il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Andrea Orlando, riconoscendo lo “stato di particolare criticità e sofferenza” del comparto, ha raccolto la richiesta e parlato di un prolungamento di 13 settimane degli ammortizzatori emergenziali.
Una norma ad hoc, l’ha definita, che entrerebbe in vigore con il decreto fiscale di prossima emanazione, “anche al fine di gestire l’uscita graduale dal blocco dei licenziamenti”, che avrà termine alla fine di ottobre.
Un intervento che precederebbe la riforma strutturale degli ammortizzatori sociali che il governo introdurrà con la Legge di Bilancio. Si tratta di un’estensione delle tutele, ha spiegato il ministro, che dovrebbe garantire agli addetti del comparto l’accesso agli ammortizzatori ordinari che adesso sono preclusi.
Per la Filcams Cgil le parole di Orlando vanno nella giusta direzione, “ma dobbiamo vederlo alla prova dei fatti” ha dichiarato Cinzia Bernardini, segretaria nazionale della categoria, sottolineando l’urgenza di un intervento a favore delle lavoratrici e dei lavoratori delle mense aziendali, “già senza stipendio e senza cassa integrazione”.
Si tratta di uno dei comparti che più hanno sofferto le conseguenze della pandemia in ambito lavorativo, perché con il lockdown e con il ricorso prolungato allo smart working hanno visto le mense chiudere i battenti e il lavoro fermarsi da un giorno all’altro. Un tracollo che è andato a colpire un cospicuo segmento di occupazione femminile.
“Un settore che deve essere riorganizzato – spiega Bernardini – perché per quanto lo smart working andrà diminuendo con il tempo, non sparirà del tutto e l’organizzazione del lavoro non tornerà all’assetto che aveva prima della pandemia. Stiamo facendo il possibile per arginare gli effetti di questi cambiamenti, ma abbiamo bisogno di strumenti per affrontare e governare i processi di riorganizzazione”.