La badante non basta: in Europa più investimenti per l’assistenza domiciliare
Ancora pochi gli anziani che in Italia sono assistiti al proprio domicilio: si tratta di 50 per ogni 1000 residenti ultra 65enni curati in Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), una quota insufficiente rispetto a quel che si verifica negli altri paesi OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) in cui in media sono assistiti in ADI 70 anziani su 1000.
Sono i dati emersi dal Rapporto Osservasalute 2015 presentato nei giorni scorsi al Policlinico Gemelli di Roma. Secondo quanto spiegato da Gianfranco Damiani dell’Università Cattolica di Roma, il valore ottimale previsto è di oltre 100 anziani su 1000.
Dal Rapporto emerge che l’ADI ha riguardato in un anno 733.000 assistiti (12/1000 residenti) di cui oltre l’83% anziani (circa 611.000) pari a 50/1000 residenti ultra 65enni.
L’ADI funziona soprattutto al Centro, meno bene al Nord, e in modo inadeguato al Sud (tasso anziani assistiti rispettivamente 68, 53, 36 per 1000).
“L’assistenza domiciliare – spiega Nicola Ferrara, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, SIGG – è la cosiddetta Assistenza Domiciliare Integrata che viene gestita dai distretti sanitari delle ASL, che autorizzano accessi domiciliari al medico di famiglia integrandolo con l’eventuale presenza di altre figure professionali (infermiere, fisioterapista, etc) e servizi a contenuto sociale (pulizia dell’alloggio, assistente sociale, disbrigo di pratiche burocratiche, etc). La distribuzione decrescente Centro-Nord-Sud – rileva Ferrara – è legata al fatto che il Nord ha scelto di privilegiare la residenzialità, il Centro ha sviluppato l’Assistenza Domiciliare imperniata sul medico di famiglia, il Sud il “cash for care”, ovvero l’assistenza finanziata attraverso contributi dei Comuni e gli assegni di invalidità e/o di accompagnamento”. “Siamo sicuramente indietro rispetto a altri paesi su questo fronte – sottolinea Ferrara – ci sono paesi che hanno risolto (o tentato di risolvere) il problema della disabilità e della cronicità proprio con lo sviluppo dell’assistenza domiciliare”.
L’Italia, emerge dal Rapporto, resta indietro anche sul fronte della residenzialità socio-sanitaria per la lungo-assistenza: la rete complessiva è di 4,5 posti letto per 1000 abitanti; in particolare risulta carente il numero di posti letto per gli ultra65enni pari a 20 pl/1000, contro una media OCSE di 50/1000 e un valore ottimale raccomandato di 70/1000). Per quanto riguarda la disponibilità di posti letto si osserva un gradiente geografico decrescente Nord-Sud e si passa da un massimo di 10/1000 in Piemonte a un minimo di 1/1000 in Campania (per pazienti anziani si va da un massimo di 43/1000 della PA di Bolzano al minimo della Campania 0,3/1000). Gli ospiti dei presidi sono complessivamente 310.000 di cui l’85% anziani (264.000).
Non a caso nel nostro paese vi è un elevato ricorso alle badanti che è proprio sintomo di carenza di assistenza domiciliare, spiega Ferrara; “ma il ricorso alle badanti, che permette la gestione dell’anziano disabile, non è di per sé negativo. Piuttosto – conclude Ferrara – dobbiamo tendere ad una migliore formazione del care-giver, sia esso un familiare, sia esso una badante assunta dalla famiglia”.
(fonte: ANSA)