La quota di italiani in vacanza continua a diminuire. Il calo sta avendo inevitabili ripercussioni sul mondo del lavoro nel turismo. Rispetto ad un anno fa, il numero di lavoratori in ingresso viene stimato in calo di oltre 25 mila unità, per l’80% a carico dell’occupazione stagionale. In effetti è proprio il lavoro stagionale il termometro più sensibile per misurare la “stato di salute” dell’economia turistica. I circa 21 mila lavoratori stagionali di cui le imprese ritengono di poter fare a meno in considerazione del forte calo della domanda, particolarmente di carattere interno, riguardano per il 48% bar, ristoranti e per il 52% le altre imprese del turismo. I dati sui movimenti in entrata ed uscita dei lavoratori alle dipendenze delle imprese del settore sono il segno più immediato delle difficoltà in cui si trova l’economia turistica del nostro Paese. Nonostante ciò le imprese lamentano difficoltà nel reperimento di figure professionali specializzate.
L’estate 2013, probabilmente non soltanto per la crisi ma anche per il maltempo, è la peggiore degli ultimi 17 anni. La previsione è che quest’anno soltanto il 39,7% degli italiani (era il 40,8% nel 2012 e addirittura il 48,2% nel 2008) si concederà un periodo di riposo nel periodo tipicamente vacanziero, entro il 30 settembre. È quanto emerge dall’analisi del Centro studi Fipe, la federazione italiana pubblici esercizi aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia.
I viaggi estivi per vacanza saranno 29 milioni, il 6% meno del 2012 ed il 32% meno del 2008, quando il numero superava quota 44 milioni. In termini di consumi l’impatto della contrazione dei flussi turistici interni viene stimato in 1,5 miliardi di euro, 268 milioni dei quali a carico della sola ristorazione.
A segnalare che il turismo italiano è entrato da tempo in un tunnel, arriva conferma anche dall’ultimo monitoraggio mensile dell’Osservatorio turistico-alberghiero di Federalberghi, che stima a -4,7% il crollo dell’occupazione registrato dal settore tra gennaio e maggio di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2012. Abbastanza, secondo il Centro studi della Federazione, per parlare di «danno incalcolabile» per il nostro paese e prospettare lo stato di crisi occupazionale per il comparto.
A piangere per i fatturati in calo (nella lettura dei dati a cura di Assoturismo-Confesercenti) non sono solo alberghi, ristoranti e stabilimenti balneari (con flessione che vanno dall’8 al 10%), ma anche le agenzie di viaggio che vedono crolli del giro di affari fino a -30%. Per l’organizzazione della Confesercenti a pesare sono più fattori: il perdurare della crisi, la minore disponibilità di spesa degli italiani, una situazione climatica solo da poco stabilizzata, e ovviamente le incertezze del futuro.