Sarà sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori del commercio in molte città italiane per il prossimo 25 aprile e 1 maggio.
In occasione delle due giornate di festa, infatti, prosegue la battaglia delle organizzazioni sindacali e dei dipendenti del settore, contro la totale liberalizzazione delle aperture domenicali e festività, autorizzata dal governo Monti attraverso l’articolo 31 del decreto Salva ITALIA
La festa non si vende, si vive, è lo slogan che accompagnerà le tante manifestazioni: Umbria – Perugia e Terni, Toscana, Abruzzo, Veneto, ma anche Milano, Bologna, Ferrara, Piacenza, Modena, Lecco.
Dopo oltre 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto Salva Italia e della deregolamentazione data dal sistema delle Liberalizzazioni il bilancio di quanto avvenuto nel settore, non può essere positivo.
“In questo periodo” afferma la Filcams Cgil Nazionale “la profonda innovazione con cui veniva promossa e accolta da molte parti la norma sulle liberalizzazioni, mostra il suo vero volto e le sue contraddizioni: le liberalizzazioni non hanno creato occupazione aggiuntiva nel settore, non hanno creato ulteriore ricchezza per le aziende, recupero di produttività-redditività, non hanno prodotto miglioramenti per le condizioni di reddito e di vita delle lavoratrici e lavoratori.”
I dati ufficiali tra l’altro parlano di un altro risultato che vede la chiusura di migliaia di esercizi commerciali nel 2012 e nel primo trimestre del 2013; una concorrenza sempre più aspra a cui le piccole e medie strutture di vendita non riescono a far fronte rispetto alle Grandi catene commerciali che comunque stanno “soffrendo” davanti ad una crisi che acuisce i suoi effetti.
Il versante che parla alle lavoratrici e lavoratori è ancora più drammatico dove nell’ultimo periodo si sono persi centinaia di posti di lavoro e continua il ricorso agli ammortizzatori sociali, dalla cassa integrazione al Contratto di Solidarietà . Le liberalizzazioni hanno espanso il tempo ed invaso ogni spazio peggiorando le condizioni di vita sempre più condizionata dalla spirale del sempre aperto con nuove e continue riorganizzazione dei turni di lavoro e di normalizzazione di un ritmo che deve garantire l’apertura e il servizio 365 giorni l’anno.
Tra l’altro il costo per sostenere il sempre aperto viene scaricato sulle lavoratrici e i lavoratori: “Per molti dipendenti prosegue il sindacato “le aziende chiedono di rivedere le condizioni di riconoscimento economico dettato, dalla contrattazione integrativa aziendale o territoriale, cercando di contenere il costo del lavoro e per quei lavoratori che “hanno l’obbligo del lavoro domenicale” c’è l’aggravante di non avere più la disponibilità di un giorno festivo durante l’anno.
Non è possibile riscontrare nulla di moderno, innovativo rispetto ad un sistema così deregolamentato confermando le nostre posizioni che è necessario ripristinare un sistema in mano alle amministrazioni locali per una corretta programmazione anche delle aperture ed evitare che le liberalizzazioni siano solo un costo sociale.