Trasferiti. Dalla sede Scandicci in provincia di Firenze a quella di Carpi, in provincia di Modena. Ben 150 km di distanza.
Sono circa 50 le lavoratrici ed i lavoratori del punto vendita Champion Spa, famoso marchio di distribuzione sportiva che, a novembre scorso, hanno ricevuto le lettere di trasferimento.
Non c’è crisi questa volta, l’azienda, la Champion Spa, è solida e redditizia, la motivazione riguarda il miglioramento dell’efficienza organizzativo-produttiva.
Prendere o lasciare, è questo il diktat: no alla contrattazione, no al licenziamento per coloro che rifiutano il trasferimento.
Da novembre sono almeno 16 le persone che hanno ceduto alle pressioni, e dimettendosi volontariamente i lavoratori non potranno accedere agli strumenti di tutela, non potranno usufruire degli ammortizzatori sociali (come la cassa integrazione o la mobilità), mentre la Champion avrà la libertà di riassumere nuovi dipendenti perché non dichiarando lo stato di crisi, non incorre in alcuna limitazione normativa.
Sono 20 le persone che hanno accettato la proposta, ne rimangono più di 15 di cui non si conosce il destino. Tra questi tre persone con disabilità.
La Filcams Cgil è in prima linea nel sostegno alla vertenza e la struttura fiorentina sta intentando tutte le azioni possibili a tutela e difesa dei dipendenti.
“E’ ormai da mesi che l’Azienda rifiuta ogni rapporto con i Sindacati e soprattutto con le Istituzioni, che a partire dalla Provincia fino alla Regione, hanno chiesto più volte un incontro” racconta Chiara Liberati della Filcams Cgil di Firenze che sta seguendo la vertenza.
“La cosa più grave che rende questa vicenda assolutamente unica, è che la maggior parte dei dipendenti di Scandicci sono donne, alcune part time, molte mamme che sono costrette a dare le dimissioni e quindi a non percepire neanche la disoccupazione.
Quello a cui stiamo assistendo è un caso di tangibile differenza tra il mondo del lavoro femminile e quello maschile.”
Molti dei lavoratori uomini della Champion hanno potuto, anche se loro malgrado, accettare il trasferimento a Carpi, altri sono già ricollocati in altre aziende. Ma per una donna, con un figlio piccolo il trasferimento non è neanche da prendere in considerazione e in quella situazione e senza mobilità un nuovo lavoro per lei è soltanto un miraggio.
“Come mai” prosegue Chiara Liberati “una azienda come Champion non senta l’obbligo morale e etico di provvedere a queste lavoratrici attraverso la cassa integrazione in deroga che sarebbe a costo zero per l’azienda stessa?”
“Speriamo, anche attraverso le Istituzioni, e il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, che insieme a noi si sono mobilitati in favore di queste lavoratrici, di portare l’azienda a sedere intorno a quel tavolo che fino adesso rifiutato.”