Solo a Roma si rischiano 8000 esuberi, un monito per quanto potrebbe accadere a livello nazionale. I casi dello Sheraton e del Majestic dalle voci dei lavoratori
Al cedimento generale del settore turistico, sempre più drammaticamente colpito dalla crisi e bloccato da un’emergenza sanitaria ancora incalzante, si vanno aggiungendo nuove crepe allarmanti, primi gravi segnali di un modus operandi che potrebbe guadagnare terreno, ora che alle aziende è stata restituita la libertà di licenziare.
Parliamo del comparto alberghiero e di quanto sta accadendo a Roma, in due imponenti e celebri strutture ricettive della Capitale, l’Hotel Sheraton di via del Pattinaggio, all’Eur, e l’Hotel Majestic, storico 5 stelle di via Veneto.
L’anno è finito male per i dipendenti dello Sheraton, 164 lavoratrici e lavoratori che il 29 dicembre hanno ricevuto la comunicazione dell’avvio della procedura di mobilità.
Potrebbe sembrare una banale equazione, crisi uguale licenziamenti, ma dietro l’esito con cui si è chiuso il 2021 ci sono anni di passaggi di proprietà, un susseguirsi di annunci di lavori di ristrutturazione che hanno cominciato a girare nel 2018 per concretizzarsi solo lo scorso settembre, poco prima di dare questa doccia gelata al personale.
“Lo Sheraton ha sempre lavorato molto – racconta Mauro, impiegato alla reception dell’albergo dall’83 – ha 650 camere e 30 sale da congresso che all’occorrenza potevano, anzi possono, parliamo al presente, ospitare fino a 2000 persone. C’è stata la gestione Starwood, poi Marriott, poi una serie di società fino alla Altair Immobiliare, che a sua volta ha operato una cessione di ramo d’azienda alla Larimar”. A marzo 2020 Mauro fa il suo ultimo check-in, tutto il personale si ritrova a casa, l’albergo chiuso. La cassa integrazione non viene anticipata, la gestione lamenta grosse perdite. “Abbiamo chiesto fortemente che si aprisse un tavolo di trattativa – prosegue – ma la proprietà si è sottratta al confronto”. Altair Immobiliare, ormai proprietaria soltanto della struttura, si diceva non tenuta a prendere parte all’incontro.
“Verso la fine del 2018 ci avevano mostrato questi fantastici progetti di ristrutturazione, fontane, roof garden – racconta Annalisa, dipendente dell’hotel da 20 anni – ma i lavori slittavano ora di quattro mesi, ora di sei. E hanno continuato a slittare anche durante la pandemia. Ci hanno sempre detto che avrebbero esteso la cassa Covid, che non era intenzione della Larimar licenziare, ma appena il blocco dei licenziamenti è saltato hanno aperto la mobilità”. È stato un brutto colpo per Annalisa, “non pensavo che arrivassero a tanto. La situazione è drammatica, siamo lavoratrici e lavoratori tra i 45 e i 60 anni, una ricollocazione nel sistema turistico alberghiero oggi è difficilissima”.
“A prescindere dalla pandemia, la questione è che lo Sheraton continuerà comunque a essere un albergo, verrà ristrutturato e verrà dotato di nuovo personale a condizioni contrattuali più vantaggiose per l’azienda – spiega Mauro – e non dicano che l’operazione è mirata a favorire l’assunzione dei giovani, perché è vero che il mondo del lavoro deve cambiare ed essere offerto alle nuove generazioni, ma non certo alle condizioni in cui vogliono farli lavorare”.
“Ora ci sono le impalcature, ma l’albergo ha un aspetto desolante e all’interno non sappiamo cosa stanno facendo” racconta Annalisa. Ai dipendenti non è stato concesso il permesso di entrare.
“Sto passando un momento di grande angoscia, vedo tutto in salita – conclude la lavoratrice – mi sento come se fossi in un labirinto e non riuscissi a trovare la strada per uscirne”.
All’Hotel Majestic invece le lettere di licenziamento collettivo sono partite il 2 gennaio e hanno raggiunto 47 lavoratori.
“L’immobile continuerà a essere una struttura alberghiera – spiega Domenico, impiegato da anni alla ristorazione – ma lo vogliono vendere senza il personale, per aumentarne il valore”.
“Dei 47 dipendenti a 7 o 8 manca poco per la pensione, qualcuno potrebbe accettare il bonus e resterebbero quindi una trentina di persone, per una struttura del genere si tratta di una minima parte del personale, che a pieno regime veniva integrato da extra e interinali. È questo che chiederemo al prossimo incontro”.
Il principio è lo stesso dello Sheraton, un ricambio occupazionale che permetta di applicare nuovi contratti meno impegnativi ed economicamente meno pesanti dei precedenti: meno diritti, più precarietà e più profitti.
“Alla favola che chiudano per ristrutturare non ci crediamo – aggiunge Domenico – lamentano grosse perdite, ma l’albergo è rimasto chiuso quando tutti gli altri competitor riaprivano ed è tornato in attività molto più tardi della concorrenza. Avevano già in mente questa operazione”.
“Ma la cosa più rammaricante – conclude – è che lì dentro c’è gente che ci lavora da 20 e 30 anni. Nessuno di loro si aspettava questo: sono 47 famiglie che non sanno che futuro avranno”.