È passato mezzo secolo da quel 20 maggio del 1970 quando il parlamento approvò la legge 300, più conosciuta come lo Statuto dei lavoratori.
Finalmente si era arrivati al traguardo di un percorso iniziato tanti anni prima: il dopo guerra, le trasformazioni del mondo del lavoro, il passaggio dell’Italia da paese prevalentemente agricolo a paese industriale, le migrazioni, i conflitti sociali, le lotte studentesche: era ormai indispensabile trovare un nuovo fondamento giuridico a difesa della “classe lavoratrice”.
La legge, all’avanguardia anche a livello europeo, introdusse delle novità importanti che avrebbero cambiato il rapporto tra datori di lavoro, dipendenti e organizzazioni sindacali.
La libertà di manifestazione del pensiero nei luoghi di lavoro, il divieto di indagini e controlli sui lavoratori, il diritto di intervenire in materia di sicurezza e ambienti di lavoro, e quella più importante, la reintegra del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo: un cardine che sarà l’anima di tante battaglie sindacali.
Lo Statuto sarà difeso negli anni dai diversi attacchi di smantellamento, Berlusconi prima, Maroni poi, fino al ferimento da parte del “fuoco amico” del Governo Monti e di Renzi, che sono riusciti con la Legge Fornero e il Jobs Act a depotenziare proprio l’art.18.
Interventi che hanno aumentato le disuguaglianze e le discriminazioni e hanno fatto emergere con più forza l’esigenza di aggiornare il quadro normativo di riferimento per il lavoro, per ampliare le tutele ad una platea sempre più diversificata.
Come nel 1952, quando fu l’allora segretario generale della Cgil Giuseppe di Vittorio a proporre la definizione di una legge quadro per difendere i lavoratori, così nel 2016 fu la stessa Cgil ad avviare una raccolta firme per la Carta dei Diritti Universali del Lavoro, una proposta di legge presentata a settembre 2016.
E ancor di più oggi, proprio in occasione del Primo Maggio e delle difficoltà legate alla pandemia covid-19, la Cgil ha rilanciato la necessità di un nuovo punto di riferimento legislativo aggiornato, che garantisca gli stessi diritti e tutele a tutte le persone che lavorano indipendentemente dal tipo di rapporto di lavoro che hanno, che siano lavoratori dipendenti o in appalto, autonomi, precari, discontinui o partite Iva.
Infatti, ad un mondo del lavoro in trasformazione, già fortemente colpito dalla crisi economica, dai tagli indistinti ai servizi e rivoluzionato dall’innovazione tecnologica incontrollata, si è aggiunto poi il covid-19. Il virus ha stravolto la società e i rapporti interpersonali, costringendoci a vivere in maniera diversa, a ripensare i luoghi di lavoro, in termini di sicurezza, adeguandoci alle trasformazioni imposte dall’attenzione alla sanificazione degli ambienti e in tutti quei posti dove è indispensabile il contatto con il pubblico; ma anche in termini organizzativi, imponendoci uno sregolato, ma efficace smart-working, fino a poco tempo fa etichettato come rifugio dei fannulloni.
Ci siamo ritrovati ad affrontare una difficile emergenza, pagando anche le scelte superficiali del passato. Sono emerse le nostre carenze sanitarie, organizzative e sociali, ma abbiamo anche constatato che il lavoro, di milioni di persone, è stato l’elemento di svolta di questa pandemia, dimostrando che senza non saremmo stati in grado di fronteggiarlo.
Ora è tempo di ripartire, ma non possiamo e dobbiamo tornare alla normalità pre covid-19. Siamo entrati in un processo di cambiamento irreversibile, dobbiamo ripartire da qui e riorganizzarci anche per dare qualità e stabilità a quel lavoro che è stato fondamentale durante la fase critica, e certezze alle persone: “C’è bisogno di trattare con rispetto il lavoro, il lavoro di tutti” come ha affermato Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale della Filcams Cgil: “è quanto emerso con forza dall’emergenza sanitaria e non va dimenticato.”
“Per farlo – prosegue – bisogna condurre fino in fondo la lotta alle disuguaglianze e costruire un mondo del lavoro inclusivo.”
Ripartire da nuove fondamenta, ridefinire le priorità per cogliere la pandemia come occasione per cambiare concretamente. È necessario modificare il modello economico, puntare su uno sviluppo sostenibile per pianificare investimenti mirati nei settori strategici, ridefinire la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro per ripensarli come luoghi sicuri. Ma la qualità del lavoro passa anche attraverso il riconoscimento del valore della contrattazione dove, come ha confermato l’emergenza sanitaria, è indispensabile coinvolgere le organizzazioni sindacali.
“Ci deve essere una grande responsabilità da parte di tutti per affrontare con coraggio la sfida che abbiamo di fronte” conclude Gabrielli: “si esce da questa crisi sanitaria ed economica se si riparte dal lavoro, dalla sua centralità e dalla sua dignità come valore condiviso.”
Come in quel lontano 1970, abbiamo davanti a noi una sfida importante, una battaglia indispensabile per rilanciare il lavoro e i diritti: ci vuole coraggio, il coraggio di cambiare, ma la conoscenza del passato ci darà la spinta giusta per affrontare le difficoltà del percorso.
(L’articolo è tratto dall’inserto mensile “Il Magazine Filcams” – Scarica QUI il PDF)